
PERCORSO ALTO - di crinale
Testi redatti da Paolo Santini
La casa natale di Leonardo ad Anchiano
In occasione del quinto centenario della nascita di Leonardo, nell’aprile del 1952, apriva i battenti la casa natale di Anchiano, casa della memoria del Genio vinciano e della sua famiglia. In realtà già da molto prima Anchiano, acquistata dalla famiglia Da Vinci nei primi anni Ottanta del Quattrocento, era divenuta un luogo riconosciuto come centrale nella biografia del Genio.
La casa resterà in possesso dei Da Vinci fino al 1624 e, dopo vari passaggi, nel 1950 l’ultimo proprietario privato, il conte Rasini di Castelcampo, la donerà al comune.
La nascita di Leonardo da Vinci, il 15 aprile 1452, in questa casa colonica è attestata da un'antichissima tradizione, perpetuata dalle numerose visite di personaggi illustri come Giuseppe Garibaldi, Telemaco Signorini e molti altri.
Si arriva ad Anchiano per carpire l’essenza del genius loci, sulle orme di tanti visitatori che si accostano ad un pellegrinaggio laico teso a rintracciare nell’attualità ciò che è rimasto del mondo vissuto da Leonardo nella sua infanzia e fanciullezza. Si sale ad Anchiano per ritrovare Leonardo nella sua essenza più pura.
Santa Lucia parrocchia di Leonardo. Verso Sant’Alluccio
Per tradizione la chiesa di Santa Lucia a Paterno, vista la vicinanza con Anchiano, è considerata la parrocchia natale di Leonardo, e per molti studiosi e viaggiatori ancora oggi è una tappa fondamentale nel pellegrinaggio laico a Vinci, sulle orme di Leonardo fanciullo.
Gli studi novecenteschi più datati e immaginifici la identificano addirittura come il luogo di battesimo di Leonardo, mentre studi più recenti sono concordi nel ritenere che il grande evento sia stato ospitato dalla chiesa di Santa Croce a Vinci.
Da segnalare dopo l’abitato di Santa Lucia, la fonte del Romito, sulla forra dell’Acqua Santa, una sorgente dalle acque ritenute da secoli miracolose, lungo la quale troviamo anche numerosi mulini.
Proseguendo verso il crinale, si arriva alla Torre di Sant’Alluccio, edificio costruito su preesistenze medievali sul frequentatissimo, all’epoca, itinerario di crinale.
La torre di Sant’Alluccio
Su una delle alture più imponenti del Montalbano, sull’itinerario di crinale che da Artimino conduce a Serravalle Pistoiese troviamo i resti di un edificio ampiamente rimaneggiato durante i secoli e adesso in rovina.
Si tratta della cosiddetta Torre di Sant’Alluccio; in questo luogo il santo avrebbe edificato un ospizio per i viandanti in epoca medievale. Allucio da Pescia, poi proclamato santo nel 1182, viene ricordato per aver fatto costruire in luoghi pericolosi ed impervi ospedali per i pellegrini nei territori di Lucca, Pistoia e Firenze.
Il luogo permette, spostandosi di pochi metri da un lato all’altro sul pianoro, di osservare una magnifica veduta del Valdarno fino al mare da una parte e della piana Pistoia Prato Firenze fino alla catena appenninica dall’altra.
Abbazia e chiesa dei Santi Baronto e Desiderio a San Baronto
Situata sulla strada di crinale, l’abbazia di San Baronto costituiva nel Medioevo e nei secoli successivi uno dei punti più significativi per la sosta delle migliaia di pellegrini e dei viandanti. Una narrazione agiografica ormai leggendaria del secolo XII, riporta che su questo valico del Montalbano un monaco di origine franca, di nome Baronto, di ritorno da Roma avrebbe costruito nel secolo VII un piccolo edificio con una cella, raggiunto in vita eremitica poi da altri cinque compagni.
A questo complesso si sarebbe poi affiancata la chiesa con cripta, terminata intorno al 1051.
Nel corso del Duecento attorno al monastero benedettino e all’ospizio per i pellegrini si sviluppò una fiorente comunità rurale. La chiesa, data la posizione strategica di crinale, fu demolita insieme al campanile durante la seconda guerra mondiale dalle truppe tedesche in ritirata, il 16 Agosto 1944.
La chiesa fu ricostruita e riaperta al culto nel 1951: ha una unica navata con due cappelle laterali che conservano due quadri con Madonne del ‘600. Sull’altare maggiore è posto un Crocifisso ligneo del XIV secolo.
Il Barco Reale Mediceo
I medici e la caccia. Il Barco Reale era una delle più vaste e importanti bandite di caccia realizzate dai granduchi medicei tra il XVI e il XVII secolo.
Era un “recinto di muro” con lo scopo di custodire e facilitare l’allevamento della selvaggina, che si snodava per oltre cinquanta chilometri con un’altezza di due metri, racchiudendo tutto il crinale del Montalbano da Artimino a San Baronto. Già Lorenzo il Magnifico aveva iniziato ad acquistare terre sul Montalbano, ma l’impulso maggiore al reperimento di terreni per le cacce lo darà Ferdinando I, facendosi costruire la villa di Artimino (1596-1600) – la Ferdinanda appunto – nel luogo privilegiato di accesso a quello che poi sarà il Barco Reale. Vi era un vero e proprio regolamento di caccia, con pene severissime per i trasgressori.
La selvaggina nobile – cinghiali, lepri, fagiani, oche, daini – era riservata alle cacce del Granduca; anche il taglio dei boschi all’interno del Barco era rigidamente regolamentato.
Cosa vedere. Lungo il percorso del muro erano presenti circa sessantacinque punti d’accesso, cateratte per il deflusso dell’acqua e un complesso sistema fognario. E proprio una di queste grandiose cateratte situata nei pressi di Sant’Amato è stata restituita a nuova vita grazie ai volontari dell’Associazione Sant’Amato a tavola.
Per arrivarci, a piedi, basta parcheggiare nei pressi della chiesa di Sant’Amato, salire oltre l’edificio sacro ancora per qualche decina di metri e prendere il primo stradello sterrato sulla sinistra. Il sentiero è percorribile da tutti, ed i volontari dell’associazione hanno recuperato proprio sul tracciato anche un’antica fonte dalla quale sgorga acqua freschissima. Un’altra testimonianza importante, la troviamo lungo la strada che conduce alla Chiesa di Santa Maria Assunta a Faltognano; in prossimità di un nucleo di case, sul luogo dove si apriva una delle porte d’accesso alla riserva di caccia del Barco Reale Mediceo, proprio sul crocevia, si erge la cosiddetta Cappella del Barco, citata in un documento del 1624.
Montevettolini
Oratorio della Madonna della Neve a Montevettolini
In un luogo ricco di suggestioni “leonardiane”, vista l’intitolazione dell’antico oratorio, poco distante dal borgo di Montevettolini, troviamo una piccola costruzione con pianta ad aula rettangolare con un portico ad arcate ribassate.
Si tratta dell’oratorio dedicato alla Madonna della Neve. Il nucleo originario della costruzione venne eretto nel Seicento intorno ed a protezione di un antico tabernacolo affrescato.
La compagnia della Madonna della Neve provvedeva a gestire l’oratorio e nel 1710 lo dotò di un nuovo altare, successivamente ampliato nel 1769. Nel 1853 un restauro significativo conferì all’oratorio l’aspetto attuale.
Sopra l’altare si trova l’affresco raffigurante San Giovanni Battista, San Michele, la Madonna col Bambino, San Pietro e Santo Stefano, appartenuto al tabernacolo originario.
La chiesa di San Michele a Montevettolini
La chiesa di San Michele si affaccia sull’antica piazza del mercatale di Montevettolini, oggi piazza Bargellini.
L’interno si presenta con tre navate divise da pilastri con numerose opere di pregio. Sull’altare centrale si trova la Madonna col Bambino e i Santi Francesco e Antonio, tela della prima metà del Seicento attribuita a Francesco Curradi; nella navata di sinistra, un grande crocifisso ligneo della fine del Trecento, oltre a interessanti opere di pittori fiorentini della prima metà del Seicento.
In chiesa è presente la pregevole predella in legno decorata a monocromo proveniente dall’oratorio della Madonna della Neve con scene tratte dal leggendario miracolo. Ricordiamo inoltre che nel borgo, vicino alla chiesa, nel Quattrocento era presente anche un monastero femminile intitolato alla Madonna della Neve.
Castello e borgo di Montevettolini
Il castello di Montevettolini, situato in una zona di confine,fu conteso tra le autorità pistoiese e lucchese prima e fiorentina poi.
Firenze già dal 1331 inviò un podestà, rappresentante del potere politico e giudiziario della città dominante. Il luogo era strategico per i possedimenti che le famiglie fiorentine avevano nella zona. Significativo poi, che i Medici decidano di costruire qui la villa, autentico presidio politico ed economico sull’intera Valdinievole.
La villa è infatti visibile dall’intero territorio circostante, e costituiva presenza simbolica permanente del potere del principe anche in sua assenza.
Della cinta muraria trecentesca non resta molto: la torre dello Sprone, nel tratto nord occidentale, la torre riutilizzata ad uso di campanile, unica superstite delle sei torri originarie, e due porte d’accesso.
Di notevole interesse, l’antico palazzo comunale risalente al secolo XIII, che si affaccia sulla piazza Bargellini e presenta in facciata una serie di stemmi in pietra serena e terracotta invetriata riferibili alla presenza dei vari podestà fiorentini avvicendatisi nel ruolo nel corso dei secoli.
La villa medicea di Montevettolini
La costruzione della villa iniziò intorno al 1597. La pianta della struttura, condizionata fortemente dalle fondazioni della rocca trecentesca preesistente e dalla presenza di possenti strutture murate da inglobare, presenta l’aspetto di un dodecagono irregolare. In posizione dominante sull’abitato e su tutta la vallata, la costruzione della villa fu promossa da Ferdinando I de’ Medici nel quadro della politica di gestione puntuale del territorio della Valdinievole, soprattutto in relazione allo sfruttamento razionale dell’area coltivata contigua al padule di Fucecchio e delle risorse provenienti dallo stesso bacino lacustre e di una grandiosa riorganizzazione complessiva del sistema delle ville e delle fattorie medicee.
Una straordinaria fonte iconografica raffigurante la villa di Montevettolini è la lunetta di Giusto Utens, parte della serie che illustrava le 17 ville medicee e originariamente fatte realizzare da Ferdinando I – fra il 1599 e il 1609 - per un salone della villa di Artimino (oggi le 14 superstiti sono esposte a Villa La Petraia a Firenze). Nel 1650 Ferdinando II alienò la villa e le tenute della Valdinievole, riferibili alla fattoria, ai Bartolomei per 75mila scudi. Nel 1871, la villa passava nelle proprietà della famiglia romana dei principi Borghese, attuali proprietari.